24 OTTOBRE 2019 Giovedì, 29a Settimana del Tempo Ordinario  

Memoria Facoltativa di Sant’Antonio Maria Claret

 
Rm 6,19-23
Sal 1,1-4.6
Lc 12,49-53

Nei testi biblici di questa liturgia è possibile scorgere una tematica co- mune: la libertà accordata da Dio a ogni persona umana, l’uso che se ne fa e le responsabilità che ne conseguono. Il brano della Lettera ai Romani traccia una linea netta fra un cammino a servizio del peccato e una vita sotto la signoria di Cristo. Ne profila anche l’esito: il prodotto finale delle opere peccaminose è la morte, e la morte rappresenta una separazione senza possibilità di ritorno. È la sorte che si autoinfligge chi decide con ostinazione di escludere Dio dalla propria vita. Lo scenario prospettato da Paolo corrisponde perfettamente a quello del Vangelo. Insieme alla possi- bilità cupa di rifiuto del Vangelo e di conseguente condanna, esiste anche l’ampio orizzonte della vita eterna fondato in Cristo Gesù. A Paolo, reduce da un vissuto all’insegna della stretta osservanza dei precetti religiosi come via maestra per ottenere la salvezza, sta a cuore sottolineare ripetutamente che la comunione con Dio tramite la persona di Gesù Cristo è un dono immeritato. Nessuno può reclamare di essere in credito nei confronti di Dio. La salvezza è grazia, e l’uomo è invitato ad accoglierla nella propria vita e a coltivarla.

Pur nella sua brevità, il brano del Vangelo di Luca contiene un mes- saggio vibrante, così forte nei toni e nelle immagini che non può lasciare indifferente nessun ascoltatore. Si tratta innanzitutto di un discorso che trasmette un senso di imminenza dinanzi alla quale è necessario prendere una posizione. La manifestazione di Dio nella Persona di Gesù Cristo ha acceso una fiamma nella storia dell’umanità e in quella dei singoli. Nella Bibbia, il fuoco simboleggia la Parola del Signore proclamata dal profeta (cfr. Ger 5,14; 23,29; Sir 48,1). Una Parola simile al martello che, quando colpisce la roccia (cfr. Ger 23,29), fa sprizzare mille scintille. «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra» (Lc 12,49). Nel brano, il fuoco è collegato alle risposte contrastanti che la persona e il messaggio di Gesù suscitano: la di- visione, non soltanto fra estranei ma persino fra i membri della medesima famiglia. Si ravvisa una continuità fra questo testo e la profezia di Simeone secondo la quale quel bambino in fasce sarebbe diventato un segno di contraddizione (cfr. Lc 2,34). Il fuoco è inoltre utilizzato per passare un messaggio di conforto: «Se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scot- terai» (Is 43,2). Giovanni Battista battezzava con acqua, in seguito Gesù battezzerà col fuoco (cfr. Lc 3,16). È sotto la forma di lingue di fuoco che lo Spirito Santo scenderà sulla Chiesa raccolta nella sala superiore, il giorno di Pentecoste (cfr. At 2,2-4). Il fuoco è utilizzato anche come immagine per esprimere il giudizio di Dio. Tutto sarà sottoposto alla prova del fuoco che separerà il fieno dal grano. Da qui l’esortazione dell’apostolo Paolo: «Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito: tuttavia egli si salverà, però quasi pas- sando attraverso il fuoco» (1Cor 3,10b-15).

Il fuoco che Gesù venne a portare sulla terra è connesso, in maniera evidente, con il suo battesimo. Quando avrà luogo il suo battesimo, ossia la sua passione, allora anche il fuoco che egli è venuto a portare, cioè il dono dello Spirito, si accenderà. Così, con due figure retoriche, Gesù una posizione. La manifestazione di Dio nella Persona di Gesù Cristo ha acceso una fiamma nella storia dell’umanità e in quella dei singoli. Nella Bibbia, il fuoco simboleggia la Parola del Signore proclamata dal profeta (cfr. Ger 5,14; 23,29; Sir 48,1). Una Parola simile al martello che, quando colpisce la roccia (cfr. Ger 23,29), fa sprizzare mille scintille. «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra» (Lc 12,49). Nel brano, il fuoco è collegato alle risposte contrastanti che la persona e il messaggio di Gesù suscitano: la di- visione, non soltanto fra estranei ma persino fra i membri della medesima famiglia. Si ravvisa una continuità fra questo testo e la profezia di Simeone secondo la quale quel bambino in fasce sarebbe diventato un segno di contraddizione (cfr. Lc 2,34). Il fuoco è inoltre utilizzato per passare un messaggio di conforto: «Se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scot- terai» (Is 43,2). Giovanni Battista battezzava con acqua, in seguito Gesù battezzerà col fuoco (cfr. Lc 3,16). È sotto la forma di lingue di fuoco che lo Spirito Santo scenderà sulla Chiesa raccolta nella sala superiore, il giorno di Pentecoste (cfr. At 2,2-4). Il fuoco è utilizzato anche come immagine per esprimere il giudizio di Dio. Tutto sarà sottoposto alla prova del fuoco che separerà il fieno dal grano. Da qui l’esortazione dell’apostolo Paolo: «Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito: tuttavia egli si salverà, però quasi pas- sando attraverso il fuoco» (1Cor 3,10b-15).

Il fuoco che Gesù venne a portare sulla terra è connesso, in maniera evidente, con il suo battesimo. Quando avrà luogo il suo battesimo, ossia la sua passione, allora anche il fuoco che egli è venuto a portare, cioè il dono dello Spirito, si accenderà. Così, con due figure retoriche, Gesù descrive il mistero pasquale e il frutto che egli ha portato per noi. Giovanni Battista, infatti, aveva annunciato che colui che stava giungendo era più potente di lui, qualcuno al quale non era degno di sciogliere neanche il legaccio dei sandali. Se egli battezzava con l’acqua per preparare la via del Signore, invitando le persone al pentimento e alla conversione, il Figlio dell’Altissimo sopraggiungeva per battezzare con lo Spirito Santo e con il fuoco, affinché ogni creatura vedesse la salvezza di Dio e le sue grandi meraviglie. La realizzazione di questa promessa è descritta da Luca negli Atti degli Apostoli, con il racconto della Pentecoste, quando lo Spirito, dono pasquale, discese sopra la Chiesa sotto forma di lingue di fuoco, rivestendola di forza profetica per dare inizio alla missione evangelizzatrice.

Luca deve essere stato testimone di molti conflitti familiari durante i suoi viaggi missionari in tutto il mondo, evangelizzando incessantemen- te con Paolo, in alcune occasioni, e anche con altri compagni. Molti di questi conflitti avvenivano nelle stesse sinagoghe, come è evidenziato dai racconti contenuti negli Atti, a causa dell’accettazione dell’annuncio da parte di alcuni e del rifiuto da parte di altri. È ovvio che ai riti nella sina- goga prendessero parte membri della stessa famiglia. Questo richiama alla nostra mente un’altra frase di Gesù, che esige dai suoi discepoli un amore più grande dell’amore che essi hanno per i propri parenti. La ragione è molto semplice: è lui la fonte dell’amore. È lui che ci insegna ad amare davvero, donando la vita per le persone che amiamo. L’amore motivato solo dai legami familiari è molto fragile. Invece, quando qualcuno diventa seguace di Gesù non solo impara ad amare veramente i suoi stessi familiari, ma abbandona ogni avidità e ipocrisia, ogni egoismo e discriminazione, aprendo il cuore alla fraternità universale, accogliendo con sincero amore persone diverse da sé per religione, etnia, cultura, colore della pelle, status sociale: persone fino ad allora sconosciute. Questo, tuttavia, può causare inimicizia da parte della famiglia e della comunità alle quali non piace ciò che è diverso: non accettano novità che possono minare le loro tradizioni e convinzioni, non capiscono e respingono questo nuovo modo di vivere, che è una vera e propria rivoluzione, spirituale e sociale. Come dice lo stesso Luca: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunciato il Regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi» (Lc 16,16).

La pace è una costante nei discorsi di Gesù (cfr. Mt 5,9) e nelle sue rea- zioni, anche a fronte di provocazioni e di violenza: è il Principe della Pace, è la «nostra pace» (Ef 2,14). Tocca a chi è interpellato da Gesù decidere in quale campo impegnarsi. Il fuoco che Gesù offre riscalda i cuori, soprat- tutto di coloro che non sanno dove andare. Che ci accompagni Lui, come fece in incognito con i discepoli di Emmaus, che al termine di una giornata faticosa e avvilita professarono: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scrit- ture?» (Lc 24,32). E fu l’inizio di una ripartenza, il rinnovamento di una vocazione che, nonostante il vacillare degli apostoli, il Signore non aveva mai revocato. «I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,29).