31 OTTOBRE 2019 Giovedì, 30a Settimana del Tempo Ordinario  

Feria

 
Rm 8,31b-39
Sal 109,21-22.26-27.30-31
Lc 13,31-35

Mentre ci avviciniamo alla fine dell’anno liturgico, la Parola di Dio ci accompagna nell’ascesa di Gesù a Gerusalemme, dove il Signore celebrerà il suo “esodo”, cioè il Mistero Pasquale della sua morte-risurrezione. Molti sono gli ostacoli e i pericoli che ha incontrato e superato con coraggio lungo la strada, dal tentativo dei suoi conterranei di Nazareth di spinger- lo giù dalla cima della collina, alla minaccia di morte da parte di Erode Antipa. Essere cercato da Erode, in Galilea, è solo un’altra persecuzione, e non sarà l’ultima. Pur sapendo che qualcosa di ancora più terribile lo sta aspettando più in là, nella città santa, a conferma della triste tradizione dell’empietà di Gerusalemme, Gesù non torna indietro. Nessuna minac- cia può impedirgli di incamminarsi per affrontare il giorno stabilito, o far vacillare la sua determinazione nel realizzare il piano di salvezza che il Padre gli aveva affidato.

Molti profeti e giusti avevano già denunciato a Samaria e a Gerusalemme le colpe e i crimini delle autorità politiche e religiose di Israele. Quasi tutti quelli che furono inviati subirono persecuzioni e morte. L’omicidio di Giovanni Battista è solo l’ultimo di una lunga serie di crimini commessi.

Gesù non ha bisogno di rivelazioni o visioni straordinarie per sapere cosa sarebbe successo se avesse interferito con i potenti della città di Ge- rusalemme, la città del Signore Dio, il grande Re; la città che apparteneva a lui di diritto, come l’Alleluia proclama: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore! Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!» (Lc 19,38). È venuto in pace, pieno di tenerezza materna per raccogliere e salvare i suoi figli, come una chioccia protegge il proprio nido sotto le ali. È venuto per perdonare e salvare il suo popolo, nonostante le molte colpe del passato. Da loro – e da tutti noi – pretende solo il frutto di una conversione sincera: la pratica della fede in Dio e della giustizia.

Ma cosa succederebbe se la conversione prevista non avvenisse? E se fosse rifiutato e perseguitato, come i profeti? E se la sua audacia portasse alla lapidazione o alla morte su una croce, ne varrebbe la pena? Perché qualcuno dovrebbe correre questo rischio e mettere la sua vita nelle mani di uomini notoriamente corrotti e crudeli? L’apostolo Paolo ha una sola risposta: per la forza del suo amore per noi. Tutto, assolutamente tutto ciò che Dio avrebbe potuto fare per dimostrarci il suo amore, lo ha fatto inviandoci suo Figlio. Come possiamo ancora dubitare dell’amore salvifico di Dio, dopo tutto quello che suo Figlio ha fatto per noi peccatori?

Il libro della Sapienza già profetizzava la vittoria finale dei giusti per amore di Dio e della sua eterna fedeltà, dicendo: «Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità» (Sap 3,4). Ciò che il saggio ha proclamato è che i giusti che subiscono le prove sono trovati degni di Dio perché confidano nel suo amore fino alla fine, fino alla morte. Pertanto, non è nella prosperità terrena o nell’essere risparmiati dalla tribolazione che si manifesta la benedizione e la ricom- pensa divina, ma nella gloria della vita immortale, che si riceve per non aver dubitato del suo amore e delle sue promesse, anche nelle prove più difficili.

Ora che questa esperienza ha ricevuto conferma ed è diventata realtà in Cristo, Paolo non può contenere la voce dello Spirito che grida nel suo cuore, innalzando il suo canto di lode all’indescrivibile mistero dell’amore di Dio per noi. Questo inno, pieno di intensa liricità, è forse la sintesi più poetica del Vangelo di Dio, il Vangelo del suo Figlio, il Vangelo di Cristo, la Buona Novella annunciata dall’Apostolo a tutti, ebrei e pagani, con determinazione incrollabile e instancabile dedizione, affinché tutti possano essere fecondi di salvezza attraverso l’obbedienza della fede. Questa è la risposta di Paolo alla domanda di Gesù ai discepoli: «Voi chi dite che io sia?». Gesù è il Figlio di Dio che ha dato se stesso per tutti noi, la prova vivente, eternamente splendente, dell’amore incorruttibile di Dio Padre per tutti noi, per tutta l’umanità e per tutto il creato.

Scrive Papa Francesco: «Questa trasmissione della fede, cuore della missione della Chiesa, avviene dunque per il “contagio” dell’amore, dove la gioia e l’entusiasmo esprimono il ritrovato senso e la pienezza della vita. La propagazione della fede per attrazione esige cuori aperti, dilatati dall’amore. All’amore non è possibile porre limiti: forte come la morte è l’amore (cfr. Ct 8,6). E tale espansione genera l’incontro, la testimonian- za, l’annuncio; genera la condivisione nella carità con tutti coloro che, lontani dalla fede, si dimostrano ad essa indifferenti, a volte avversi e contrari. Ambienti umani, culturali e religiosi ancora estranei al Vangelo di Gesù e alla presenza sacramentale della Chiesa rappresentano le estre- me periferie, gli “estremi confini della terra”, verso cui, fin dalla Pasqua di Gesù, i suoi discepoli missionari sono inviati, nella certezza di avere il loro Signore sempre con sé (cfr. Mt 28,20; At 1,8). In questo consiste ciò che chiamiamo missio ad gentes. La periferia più desolata dell’umanità bisognosa di Cristo è l’indifferenza verso la fede o addirittura l’odio con- tro la pienezza divina della vita. Ogni povertà materiale e spirituale, ogni discriminazione di fratelli e sorelle è sempre conseguenza del rifiuto di Dio e del suo amore» (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2018, 20 maggio 2018).

Cristo è l’amore che dimora per sempre in noi e risveglia coloro che dormono nel sonno della morte; che attraversa la nostra storia degli inizi per arrivare fino alla fine dei tempi e oltre; che scende nelle profondità e penetra nei cieli; che ci salva da ogni paura e schiavitù, da ogni nemico e oppressore; che ci libera nella gloria della vita in comunione. È l’amore che ci rafforza, ci rende fiduciosi, audaci, invincibili, non solo nei confronti dei nemici umani e visibili, ma anche di fronte agli spiriti invisibili, perché Dio è con noi. L’accusa che ci è stata rivolta, è stata ritirata, il peccato è stato perdonato, l’amore ha vinto l’odio, l’ingiustizia è stata sconfitta. Afflizione e angoscia hanno ricevuto la loro consolazione, l’abisso è stato livellato e le altezze sono scese verso di noi, la morte ha ceduto alla vita e il tempo ha aperto le sue porte all’eternità. Nel suo Figlio Gesù, sono stati dimostrati l’amore e la fedeltà del Dio della vita. Ora, niente e nessuno potrà mai separarci da questo Amore. È giunto il momento anche per noi di alzare la voce con gioia, dicendo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!», colui che viene per la nostra salvezza.