29 OTTOBRE 2019 Martedì, 30a Settimana del Tempo Ordinario  

Feria

 
Rm 8,18-25
Sal 126,1b-6
Lc 13,18-21

Il salmista, affascinato dalla bellezza della creazione, si è chiesto: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,4-5). Quante volte siamo rimasti affascinati dalla bellezza del creato, nel contemplare una notte stellata, seduti lungo le sponde di un fiume accarezzati da una leggera brezza, nell’ammirare un tramonto o l’ar- cobaleno, o nel guardare i bambini giocare insieme felici senza distinzione di razza, colore e classe sociale. Quante volte ci siamo chiesti: perché questo mondo meraviglioso, che ci accoglie e ci ospita solo per un breve periodo, deve soffrire di tanta violenza a causa nostra? Perché non possiamo vivere in pace e in armonia, rendendo la casa comune un paradiso di convivenza fra- terna, un luogo piacevole per tutti? Quanta insensatezza nei progetti umani!

Nel brano di oggi tratto dalla Lettera ai Romani, Paolo sembra indicare un legame profondo e misterioso che unisce l’uomo a tutte le altre creatu- re; un legame che rende l’essere umano il portavoce di tutta l’opera divina della creazione, e anche il suo responsabile. L’intero universo trova in lui la sua coscienza e attraverso di lui si manifesta, si fa conoscere e rivela gra- dualmente i suoi innumerevoli e magnifici segreti. L’Apostolo si affida alla lunga tradizione biblica, che vede l’uomo come l’interprete della lode che tutto il creato innalza al suo Signore, la natura, gli esseri viventi e tutti gli elementi del mondo intero, inclusi il tempo e lo spazio.

Gli scrittori biblici, donne e uomini che si susseguirono nei secoli, hanno usato molte forme letterarie per parlare del mondo e delle sue creature, naturalmente per come erano conosciuti nella loro epoca. Si esprimevano poeticamente, con salmi o inni, con canti e dossologie, prosopopee e rac- conti, ma sempre con uno sguardo di fede, con stupore e gratitudine per la bontà di tutto ciò che Dio chiamava all’esistenza, con il potere della sua Parola. Per questo motivo, tutto il creato porta la Parola del Creatore im- pressa, e manifesta qualcosa della gloria divina e della sua infinita bellezza, qualcosa del suo amore tenero e innocente, qualcosa della sua saggezza e intelligenza, che pervadono il tutto, unendosi armoniosamente in una silenziosa sinfonia di vita poliedrica.

Ma l’attività creativa di Dio non è ancora finita, poiché il Padre Creatore non ha mai cessato di essere presente nel mondo e nella storia dell’umanità, dando vita e speranza, guidando il destino delle nazioni e preparando per loro un futuro meraviglioso, un mondo con nuovi cieli e nuova terra. In tutti i principali eventi della storia di Israele (la promessa ai patriarchi, la liberazione dall’Egitto, la regalità, gli oracoli profetici, l’esilio, il ritorno, la speranza messianica, lo studio della parola dai saggi) percepiamo la presenza di Dio e l’iniziativa che ha intrapreso per far accadere questi eventi. Possia- mo dire, quindi, che nel fiume della storia umana scorre possente l’acqua della grazia di Dio. È con immenso amore, pedagogia paterna e dolcezza materna che egli rivela progressivamente, attraverso fatti e parole, il suo progetto di salvezza che coinvolge tutta la creazione. Isaia descrive così la gioia dell’universo per la liberazione del suo popolo: «Esultate, cieli, perché il Signore ha agito; giubilate, profondità della terra! Gridate di gioia, o mon- ti, o selve con tutti i vostri alberi, perché il Signore ha riscattato Giacobbe, in Israele ha manifestato la sua gloria» (Is 44,23). L’intervento liberatore del Signore fa sì che la storia, nonostante la testardaggine e la ribellione degli uomini, diventi, in effetti, una storia di salvezza, che avrà sicuramente successo perché dipende dal suo amore eterno, dal suo potere infinito e dalla sua comprovata fedeltà. Qui sta Sebbene l’uomo si allontani da Dio e voglia liberarsi di lui, cercando di prendere il suo posto per possedere il mondo, seminando guerra, odio e distruzione, nel continuo tentativo di prevalere sugli altri, Dio conti- nua a guidare il mondo portandolo dal caos all’ordine, dalla sterilità alla fertilità, dalla solitudine alla comunione, dalla divisione all’unione. Lo fa scegliendo le persone, illuminando i cuori, distribuendo doni e talenti, rafforzando la volontà di fare il bene. Nel corso della sua storia, il popolo di Dio ha nutrito la propria fiducia nell’amore di Dio e nel piano per la salvezza. È Isaia, ancora una volta, a ravvivare questa speranza: «Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio» (Is 65,17-18).

A partire dal Mistero Pasquale, nel quale splende tutta la luce della potenza e dell’amore fedele di Dio, Paolo può contemplare nella speranza la fine gloriosa della storia, con la partecipazione di tutta la creazione. Se- minato nei nostri cuori, è il dinamismo del Regno che si sviluppa verso la sua pienezza; mescolato con la nostra umanità, è il lievito della Parola che ci fa agire come una nuova creatura. Lo Spirito ci fa desiderare, ci rende attivamente impegnati, e ci fa attendere con perseveranza la manifestazione della gloria promessa ai figli di Dio.

Sorella terra «protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cre- sciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’ac- qua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che “geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22)» (Laudato Si’, 2).

Una seria e propositiva critica cristiana all’antropocentrismo moderno, usurpatore del ruolo creativo di Dio, distruttore della comunione tra l’autentica speranza cristiana. uomo e donna e delle pacifiche relazioni tra comunità umane e popoli, è la vera preoccupazione della Lettera enciclica di Papa Francesco sul creato. Ridurla a un generico invito a custodire la natura e il pianeta significa svuotarla della sua forza critica e costruttiva, che le viene dalla fede in Gesù Cristo, centro del cosmo e della storia. Il compimento rinnovatore della creazione nella Pasqua di Gesù manifesta quanta cura e amore Dio riversi sulle sue opere, che non lascerà mai cadere nel nulla della distruzione del nostro peccato.

E se la contemplazione della natura è affascinante, è ancora più incan- tevole contemplare questa storia di salvezza, la storia di un amore divino che non si arrende mai, che vince il nostro peccato e che ci fa acclamare festosamente: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia» (Sal 126,3).