7 OTTOBRE 2019 Lunedì, 27a Settimana del Tempo Ordinario

Memoria della Beata Vergine del Rosario

 
Gio 1,1-2,2.11
Gio 2,3-5.8
Lc 10,25-37

Luca presenta questa parabola come una storia all’interno di un episodio più ampio, quello dell’incontro di Gesù con un dottore della legge che ritiene di poterlo mettere alla prova. Gesù è già stato messo alla prova proprio all’inizio della sua carriera pubblica, quando è stato condotto dallo Spirito Santo nel deserto e tentato dal diavolo. Per tre volte nel corso della storia della tentazione (cfr. Lc 4,2.12.13) il diavolo spinge Gesù al limite per vedere se sia veramente il Figlio di Dio, e se resti fedele alla volontà di Dio. Nella terza “prova” Gesù allontana il diavolo pronunciando le ultime parole della sua battaglia con Satana: «Non metterai alla prova il Signore Dio tuo» (Lc 4,12).

Il brano evangelico di Luca recita: «Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova» (Lc 10,25). Ogni lettore attento che ha visto Gesù dimostrare di essere veramente il Figlio di Dio, sa che il dottore della legge si propone di fare qualcosa in cui perfino il diavolo ha fallito e che Gesù, Figlio di Dio, ha esplicitamente vietato; è molto più probabile che sia lui a trovarsi messo alla prova.

La parabola del buon Samaritano è celebre e facile da rappresentarsi mentalmente, ma il Vangelo di oggi comincia con l’annuncio che un dot- tore della legge si avvicina per mettere Gesù alla prova. Vi sono tanti esperti in scienza della felicità, nel nostro mondo, che cercano di mettere alla prova gli apostoli del Vangelo dei nostri giorni. Cosa dobbiamo fare per avere la vita eterna? Come fare a raggiungere la felicità? La nostra risposta non deve essere altro che l’insegnamento del Maestro. Per raggiungere la felicità, bisogna amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza, con tutto lo spirito, e amare il prossimo come se stessi. Amare Dio e il prossimo. Amare Dio attraverso il prossimo. Amare il prossimo come Dio vuole. Ma come farlo, concretamente?

Gesù ce ne dà un esempio attraverso l’esperienza del buon Samaritano. Luca è il solo evangelista, d’altronde, a tramandare questa pagina straor- dinaria dell’insegnamento di Gesù. «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico»: egli lascia la sfera del tempio, del sacro, della città santa, e si dirige verso la periferia, verso il fondo della terra; Gerico, non lontano dal mar Morto, è infatti una delle città più basse del mondo. Egli lascia la montagna di Sion per scendere negli abissi, luogo di insicurezza e caos. E prevedibilmente cade nelle mani dei banditi. È esattamente la situa- zione dell’uomo contemporaneo che non crede più, che diserta il sacro per affondare giorno dopo giorno negli abissi dell’incertezza mondana e della finitudine. E i briganti non mancano sulla via per derubarlo di tutto, lasciandolo tramortito, solo e abbandonato. Sfortunatamente, un sacerdote che scende per il sentiero passa accanto al moribondo andando oltre. Anche un levita giunge in quel luogo, vede l’uomo e passa oltre. Il testo non ci dice il luogo della sua provenienza; come il sacerdote, manca di cuore verso il moribondo. «Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui» (Lc 10,33-34). Il Samaritano ritarda il suo viaggio per prendersi cura di uno sconosciuto, suo fratello nell’umanità. Gesù ha fatto lo stesso in modo sublime, per mezzo della sua morte redentrice. Ci ha lavati col sangue e l’acqua che sgorgarono dal suo costato aperto sulla Croce. L’indomani, il Samaritano ricompensa con due monete d’argento l’albergatore chiedendogli di prendersi cura del ma- lato. Così Gesù ha pagato sulla croce il prezzo della nostra guarigione, del nostro riscatto. Egli è pronto a rimborsare tutti i debiti che noi contraiamo per i nostri peccati quotidiani. Dei tre, il prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti è il Samaritano che ha avuto compassione di lui.

Quali sono gli insegnamenti per noi che siamo chiamati alla missione? Solo l’amore evangelizza efficacemente. Non si tratta di sviluppare una religione del culto, della morale, delle prescrizioni legaliste: si tratta di rendere prossimi del Cristo le donne e gli uomini che incontriamo, feriti, sulle strade delle nostre Gerico. Si tratta di soprassedere ai nostri program- mi minuziosi per dare priorità alla sorte dei feriti che incontriamo sulle nostre strade. Si tratta di prestare i primi soccorsi con ciò che abbiamo, l’olio della misericordia e il vino dell’amore. Si tratta di rendere l’uma- nità sempre più prossima della bontà salvatrice di Dio mediante la fede in Cristo. È la fede in lui morto e risorto che ci familiarizza sempre più con i modi di operare di Dio, con i suoi criteri di salvezza. Il Samaritano è buono non da se stesso. È buono perché ragiona e si comporta come si sarebbe comportato Gesù in quella situazione. È buono grazie alla bontà di Dio che per fede noi possiamo ricevere e comunicare.