1 OTTOBRE 2019, 26a Settimana del Tempo Ordinario

Memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino

 

Zc 8,20-23
Sal 87,  1b-7
Lc 9,51-56

La parola profetica di Zaccaria 8,20-23 alimenta la speranza del popolo di Dio, il cui compimento è da intendere per la fine dei tempi: il pellegrinaggio universale dei popoli a Gerusalemme (cfr. Zc 8,22). Il libro di Zaccaria, collocato al penultimo posto nei Dodici Profeti, è attribuito a uno degli ultimi profeti attivi, accanto ad Aggeo, dopo l’esilio babilonese nell’epopea della ricomposizione della comunità giudaica religiosa e civile nella «terra dei padri», per il completamento della ricostruzione del tempio di Gerusalemme. La promessa profetica nella formulazione di Zc 8,20-23 appartiene alla terza parte del libro (cfr. Zc 8,12-14), ma ha già una sua anticipazione nella prima parte in Zc 2,10-11, in sintonia con una tradizione profetica sul pellegrinaggio delle nazioni a Gerusalemme, in un compimento di pace, come in Is 2,1-4, testo quasi del tutto identico a Mi 4,1-4. È soprattutto la tradizione della scuola isaiana a sviluppare il tema di questa speranza, che il giudaismo colloca ormai definitivamente per la fine dei tempi, insieme alla venuta del Messia (cfr. Is 49,22-23). A proposito della conversione finale dei popoli pagani al Signore, la tradizione profetica è unanimemente concorde sul fatto che ciò non avverrà come frutto di un’opera di evangelizzazione missionaria da parte d’Israele. Il movimento di conversione partirà dall’azione stessa del Signore nel cuore dei popoli, che li sospingerà verso una vera e piena conversione, alla fine dei tempi.

 

Il passo evangelico sul viaggio di Gesù verso Gerusalemme getta una luce nuova su come possano realizzarsi le parole dei profeti sulla conversione dei pagani al Signore, attraverso l’immagine del grande pellegrinaggio verso Gerusalemme alla fine dei tempi. Il riferimento di Gesù ai giorni in cui sarebbe stato elevato in alto (cfr. Lc 9,51) non riguarda soltanto la sua ascensione al cielo (cfr. Lc 24,50-51; At 7,56), ma comprende anche il mistero della sua passione e morte, a Gerusalemme. Gesù lo aveva già detto una prima volta ai suoi discepoli, chiarendo allo stesso Pietro il senso della sua professione di fede in Lui, Gesù Messia: «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22). Lo ripete agli stessi discepoli dopo la sua trasfigurazione (cfr. Lc 9,44) e una terza volta ai Dodici, prima della sua salita conclusiva da Gerico a Gerusalemme (cfr. Lc 18,31-33). In ciascuna di queste tre circostanze, dei discepoli è stato detto che non riuscirono a capire il senso delle sue parole. Il disegno di salvezza universale, per Israele come per i pagani, passa per Gerusalemme come luogo nel quale Gesù è stato «innalzato» (Gv 12,32). È l’attrazione profonda, irresistibile e divina del mistero della croce vissuto, testimoniato e trasfigurato da Gesù a suscitare, promuovere e accompagnare il movimento della conversione dei pagani verso Gerusalemme, luogo scelto dal Signore per il mistero di salvezza. Gesù coinvolge nella sua missione prima i Dodici, poi la Chiesa da lui sorta per chiamata specifica. I discepoli non possono che seguire Gesù, naturalmente facendo molta fatica a capire, a far propri parole e fatti: è un cammino di conversione, che inizia con una chiamata e prosegue per tutta la vita. Il passaggio attraverso la regione abitata dai samaritani, durante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, diventa un episodio emblematico della conversione che i discepoli di Gesù in ogni tempo devono compiere, per accompagnarlo e assecondarlo nella sua missione di evangelizzazione e di salvezza. Mentre manda messaggeri a preparagli l’ingresso e l’ospitalità presso un villaggio di samaritani (cfr. Lc 9,52), Gesù è perfettamente consapevole dell’ostilità che divide giudei e samaritani (cfr. Gv 4,9.20), ma non per questo si rassegna; anche i discepoli, inoltre, devono imparare a gestire in modo diverso un’ostilità radicata. Alla risposta negativa degli abitanti samaritani del villaggio (cfr. Lc 9,53), la reazione dei discepoli Giacomo e Giovanni, che Gesù stesso non senza un pizzico di ironia aveva soprannominato «figli del tuono» (Mc 3,17), è stizzita e violenta (cfr. Lc 9,54). I due fratelli agiscono spinti dall’impulso di un’impropria convinzione di essere detentori, in qualche modo, di una verità religiosa superiore. Una tradizione evangelica variante, conservata anche in greco, in siriaco e in latino, aggiunge una glossa esplicativa alla domanda dei due discepoli: «Signore, vuoi che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi, come fece anche Elia?» (cfr. 2Re 1,10-12; cfr. Sir 48,3). Per Gesù era una richiesta sbagliata e un ricorso inopportuno all’autorevolezza della Sacra Scrittura: «Si voltò e li rimproverò» (Lc 9,55). La stessa antica tradizione evangelica variante approfondisce il senso del rimprovero di Gesù: «dicendo: “Voi non sapete di quale Spirito siete; poiché il Figlio dell’uomo non è venuto per distruggere ma per salvare”» (Lc 9,55-56). Questa catechesi cristiana ricorda la natura della missione di Gesù, non certamente mandato per esercitare una vendetta divina; il richiamo allo Spirito, che sta invece muovendo Giacomo e Giovanni, è significativo nella teologia dell’opera della scuola di Luca, che comprende il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Nel racconto evangelico, Gesù si limita a cambiare villaggio (cfr. Lc 9,56). È un’indicazione pastorale (cfr. Lc 10,10-11) che seguiranno anche Paolo e Barnaba nel loro primo viaggio missionario ad Antiochia di Pisidia (cfr. At 13,46). Gesù non dice nulla a proposito del rifiuto dei samaritani di quel villaggio, ma una delle prime missioni della Chiesa di Gerusalemme sarà proprio tra i samaritani. Inizierà il diacono Filippo, mosso dallo Spirito Santo (cfr. At 8,5), seguito poi da Pietro e da Giovanni, a completare l’opera (cfr. At 8,14-17). La missione della Chiesa è conformazione alla persona e al mistero di Cristo: una conversione che impegna l’intera vita, lasciando al Signore il compito di aprire le porte della missione e smuovere il cuore delle persone. Tempi e modalità della conversione dei pagani sono opera del Signore; alla Chiesa il compito di convertirsi allo Spirito e alla persona del Signore Gesù.