Il Presidente delle POM: il Fondo di emergenza, segno della cura del Papa verso le giovani Chiese colpite dalla pandemia
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - "Da quasi un secolo le Pontificie Opere Missionarie (POM) sono uno strumento del Papa a beneficio delle Chiese nei territori di missione. Sappiamo che c’è un impatto di questa crisi in tutto il mondo, e sarà tanto più forte in paesi con economie, società o sistemi sanitari fragili. Alcuni si sono già rivolti alle POM per chiedere aiuto. Il nostro quadro di intervento resta quello istituzionale: aiutare e rafforzare le giovani Chiese, in Africa, America Latina, Asia, Oceania, nella loro attività pastorale, tragicamente segnata e sfidata dall’emergenza Covid19": con queste parole, in un'intervista rilasciata all'Agenzia Fides, l'Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, illustra la sorgente, le motivazioni e gli obiettivi dello speciale "Fondo di emergenza" istituito dal Papa presso le Pontificie Opere Missionarie. Il Fondo, con un primo stanziamento di 750mila dollari USA, intende accompagnare e sostenere le comunità colpite dalla diffusione del coronavirus nei cosiddetti "paesi di missione", attraverso le strutture e le istituzioni delle Chiese locali. Questo il testo dell'intervista rilasciata all'Agenzia Fides.
- Eccellenza, in che modo questo tempo di pandemia interroga la missione della Chiesa?
Uno sconvolgimento di questo genere interroga prima di tutto ogni uomo sul suo essere al mondo, sul suo rapporto con l’altro, sulle priorità della sua vita, sulla sua relazione con Dio. Lo abbiamo sentito in tante esperienze in queste settimane: la malattia ci fa soffrire e ci ridimensiona, non ci lascia indifferenti e uguali. Perciò anche la Chiesa è interrogata, in modo che possa aiutare ogni persona, in tutte le sue dimensioni, a porsi di fronte a questa nuova situazione. Credo che la riflessione del Santo Padre venerdì 27 marzo, in una piazza San Pietro vuota, ha toccato in maniera magistrale proprio queste diverse dimensioni. Tra le tante cose, vorrei mettere in evidenza il tema della precarietà: l’uomo, non solo come individuo – questo succede frequentemente – ma come popolo, questa volta si ritrova di fronte alla sua insufficienza, al suo limite. Come Chiesa dobbiamo chiederci quale risposta diamo all’uomo che oggi si trova drammaticamente di fronte alla sua precarietà nell’esistere.
- A che livello la riflessione tocca, in modo specifico, la "missio ad gentes"?
E’ proprio qui che si colloca la risposta specifica della Chiesa: incoraggiare l’uomo disorientato a trovare una speranza nel Dio che Gesù ci ha rivelato. Scoprire che Dio ama l’uomo e non lo lascia solo, perché Dio ama tutto ciò che ha creato, come ci ricorda la Scrittura. La "missio ad gentes" è la manifestazione di questo in parole, opere e Sacramenti. La Chiesa annuncia che persino la morte - quella morte che tanto ci fa paura e che spaventosamente bussa alla nostra porta in queste settimane - diventa esperienza di un Dio che dalla croce risorge e ci apre alla vita eterna.
- La risposta dei credenti e di molte Chiese, nei vari continenti, è caratterizzata dal dono incondizionato di sé e da autentici slanci di carità: che rapporto hanno, in questo frangente particolare, carità ed evangelizzazione?
Siamo in prossimità della Pasqua. Di nuovo Cristo dona tutto sé stesso a noi. Tutto il mistero di Cristo è il dono di sé stesso ad ogni uomo. La Chiesa non fa altro che continuare, nella storia, questo dono di Cristo all’uomo. Perché è una comunità di persone concrete che vivono dell'esperienza di Cristo. Anche in questo momento portiamo Cristo: la sua parola di consolazione, la sua carità che vibra di fronte alla miseria umana, la sua rivelazione di un Dio che è Padre. Anche in questi giorni annuncio del Vangelo e carità si incontrano e si fanno uno: noi annunciamo un Dio che ha dato a sé stesso il nome di carità.
- Con quale spirito le Pontificie Opere Missionarie (POM) hanno proposto al Papa l'istituzione dello speciale Fondo di emergenza per le vittime di coronavirus nei "territori di missione"?
Le Pontificie Opere Missionarie da quasi un secolo sono pontificie perché sono uno strumento del Papa a beneficio delle Chiese nei territori di missione. Essendo un Suo strumento, sembrava evidente che, in questo frangente, dovevamo mostrare un segno che siamo a disposizione del Papa. Peraltro vorrei sottolineare che abbiamo ricevuto sollecitazioni in questo senso anche da alcuni Direttori Nazionali delle POM. La consapevolezza che siamo "del Papa" è viva nelle POM. Inoltre sappiamo che c’è un impatto di questa crisi in tutto il mondo, e sarà tanto più forte in paesi con economie, società o sistemi sanitari fragili. Alcuni si sono già rivolti alle POM per chiedere aiuto. Vogliamo comunque ribadire che il nostro quadro di intervento, attraverso lo speciale Fondo di emergenza Covid-19, resta quello istituzionale: aiutare e rafforzare le giovani Chiese, in Asia, Africa, America Latina, Oceania, nella loro attività pastorale, tragicamente segnata e sfidata dall’emergenza covid19.
- Non sembra, questa, una "crisi come le altre", come le tante crisi che hanno attraversato la storia degli ultimi decenni. Quale "lezione" se ne può trarre? Quali nuovi paradigmi per il futuro dell'evangelizzazione?
Forse siamo all’inizio di un processo che avrà profonde conseguenze sociali e culturali. Tuttavia mi sembra prematuro formulare analisi sufficientemente lucide. Certamente una lezione che già abbiamo appreso è che siamo tutti legati allo stesso filo, in qualunque parte del pianeta viviamo; e che apparteniamo tutti alla stessa famiglia umana. Forse abbiamo anche compreso che abbiamo bisogno gli uni degli altri e lo stare insieme in famiglia, anche forzatamente, ci dice che abbiamo bisogno di “casa”. Credo anche che abbiamo sperimentato, con maggiore consapevolezza, che abbiamo bisogno di preghiera: lì dove l’uomo fa esperienza dei suoi limiti, Dio appare in tutta la sua forza, perché, parafrasando il Cantico dei Cantici, Dio Amore è più forte della morte.