“Akamasoa” in Madagascar: aiutare i poveri ad aiutarsi con le proprie forze

“Akamasoa” è il frutto dell’impegno iniziato in Madagascar nel 1989 da Padre Pedro Opeka CM, di famiglia slovena emigrata nel 1945 in Argentina per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani. «Akamasoa è una comunità dove intraprendere un viaggio per recuperare la propria dignità, diventare persone responsabili e rispettate, iniziare una nuova vita fatta di lavoro, educazione e disciplina, accettando di vivere nella Verità e lottando ogni giorno per la giustizia», spiega Padre Opeka.

“Akamasoa” è stata riconosciuta ufficialmente dalla repubblica del Madagascar nel 2004 come progetto di pubblica utilità e i risultati sin qui conseguiti sono rilevanti. In cifre, sono 25.000 le persone che beneficiano di questo progetto sociale e vivono nei suoi villaggi, dove si trovano dispensari, luoghi di lavoro per gli adulti e scuole che offrono percorsi educativi a 13.000 bambini. Ogni anno, sono 30.000 i poveri che vengono aiutati con cibo, medicine e vestiti, mentre 3.000 sono le nuove case finora costruite.

La realizzazione di “Akamasoa” è inizia nel 1989, quando Padre Pedro è chiamato dai suoi superiori ad Antananarivo, la capitale del Madagascar, per la formazione dei seminaristi. Padre Opeka, figlio spirituale di San Vincenzo de’ Paoli, comprese allora che l’attenzione ai poveri nasce là dove i poveri vivono, per «aiutarli ad aiutarsi da soli». Da qui è nata “Akamasoa” che vuol dire “buon amico”, una città dove non si vive di assistenza ma di quello che concretamente si riesce a fare. Padre Pedro vide giovani e anziani vivere in una discarica, scavare fra i rifiuti per trovare cibo e sostentamento. Vide anche che vicino alla discarica c’era una cava di granito e comprese che chiunque fosse stato disposto a lavorare avrebbe potuto produrre mattoni, ciottoli, lastre e ghiaia da vendere alle imprese edili, e sarebbe stato così pagato con un piccolo salario con cui comprare il riso e nutrire le famiglie. E così, sotto la direzione di Padre Pedro, gli abitanti della discarica si unirono, iniziando a vedere, attraverso il lavoro, un barlume di speranza. Oggi questa realtà, resa possibile grazie all’aiuto di tutti, vuole essere un monito per far sì che “Akamasoa” non sia un progetto isolato, bensì un esempio da replicare in altre parti del mondo.

«Akamasoa si fonda sulla gioia, la fratellanza, il lavoro, la lotta e, la cosa più importante, la felicità dei nostri bambini. Ad Akamasoa vi sono bambini che vivevano una vita disumana in una discarica e ora sono veri bambini», afferma Padre Pedro, che aggiunge: «Non mancherò mai di menzionare la Messa domenicale, che è una vera celebrazione per tutto il popolo perché tutti vi partecipano: tutti preghiamo, danziamo, cantiamo in comunione: è un'espressione di gratitudine a Dio per tutto l’aiuto che ha fornito a questo popolo di buona volontà. Non esiste una formula magica per aiutare i poveri. In ogni paese, cultura e civiltà, ci saranno sempre gesti diversi, approcci diversi ma tutti questi devono essere tutti dettati dall'amore. Quando siamo mossi dall'amore, sappiamo che abbiamo scelto la strada giusta».