Siria: ad Aleppo la missione è rimanere tra la gente

La Siria è stata dilaniata per anni da una lotta tra opposte fazioni, ma la vita ha cercato ugualmente di continuare. Accanto alla popolazione di Aleppo è rimasto come parroco e vicario del vescovo Fra’ Ibrahim Alsabagh, servendo da pastore la comunità cattolica di rito latino. Padre Ibrahim è siriano, nato a Damasco da famiglia cristiana, ed è frate minore nella Custodia di Terra Santa. Ha descritto la sofferenza del suo popolo e della sua comunità in alcuni libri che hanno contribuito a far conoscere in Occidente il dramma della guerra vissuto anche dai più piccoli.

Nel gennaio 2015, Padre Ibrahim scrive: «Non è difficile immaginare come tra la nostra gente si respiri un’aria di disperazione: anziani ammalati che patiscono il freddo oltre ogni misura, bambini e donne con forti sintomi di malnutrizione, famiglie che non riescono più a pagare l’affitto delle case, persone, soprattutto genitori, che non si preoccupano più di curarsi e che quindi – anche a causa di malattie di poco conto a lungo trascurate – riportano gravi danni alla salute, danni che arrivano a causarne persino la morte».

Il religioso non ha abbandonato la sua comunità ed è solito spiegare con serenità che sarebbe come per una madre abbandonare il figlio malato. Padre Ibrahim ha così organizzato una rete di assistenza a livello parrocchiale grazie all’aiuto internazionale, riuscendo a far arrivare nei campi profughi pannolini, latte in polvere e generi di prima necessità. Non solo: per cercare di alleviare i danni arrecati dalla guerra a livello psicologico nei giovani, ha impegnato i quasi mille ragazzi e bambini a lui affidati nel lavoro di pittura di un'intera strada durante l’oratorio estivo, in modo da renderli meno ansiosi, meno intimoriti e più sereni.

Piccoli gesti di un pastore che rimane accanto al gregge che gli è stato affidato. Come ha scritto nel settembre 2016 Mons. Georges Abou Khazen, Vicario Apostolico Latino di Aleppo: «La situazione ad Aleppo è difficilissima, non solo per evidenti motivi di sicurezza: manca l’elettricità, che possiamo produrre solo attraverso generatori a gasolio. Il combustibile costa e l’acqua potabile scarseggia. Fortunatamente, abbiamo i pozzi nelle chiese e così anche noi possiamo distribuire l’acqua. C’è poi il problema delle case distrutte. I prezzi delle merci sono alle stelle, come l’embargo economico. Noi, come Chiesa, vorremmo tanto aiutare chi non lavora a sopravvivere, i piccoli artigiani a trovare un lavoro. Ma di fronte all’inarrestabile fiume di sangue, chiediamo solamente pace. Contiamo sulle vostre preghiere».